Finies les vacances…
Sono finite le vacanze, come diceva la prima frase del mio manuale di francese, quando ero alle scuole medie (che credo ora neppure esistano più, almeno con questo nome).
Sono finite per molti, per altri, come me, non sono neppure cominciate tra la tesi da scrivere e ogni sorta di preoccupazioni a rendere le giornate d’agosto del colore bigio di quelle nuvole fisse, ormai da tempo immemorabile, sopra la Romagna, fino a questa mattina.
Riprendiamo allora qualche contatto col resto del mondo ora che la prima versione della tesi è scritta ed ha preso la direzione di professori, dottorandi, amici e conoscenti vari per essere perfezionata.
Mi sono ributtato a leggere Calvino durante gli ultimi giorni, Le città invisibili, Lezioni americane, i Racconti. (ri)Letto anche il Macbeth di Shakespeare. Di volume nuovo nuovo ho da segnalare solo Che cos’è metafisica di Martin Heidegger che mi ha portato a passare qualche giorno tra interrogativi di etica e quant’altro. Passione senza dubbio che voglio curare e mantenere la filosofia, anche se a volte quasi me ne scordo nel correre dei giorni.
Lascio qui una frase che è stata un po’ l’emblema di questi ultimi giorni, un centro di gravità temporaneo nella mia riflessione. Detta da una delle più grandi menti del secolo scorso credo, il filosofo austriaco Wittgestein:
“Quest’avventarsi contro le pareti della nostra gabbia è perfettamente, assolutamente disperato. L’etica, in quanto sgorga dal desiderio di dire qualcosa sul significato ultimo della vita, il bene assoluto, l’assoluto valore, non può essere una scienza. Ciò che dice non aggiunge nulla, in nessun senso, alla nostra conoscenza. Ma è un documento di una tendenza nell’animo umano che io personalmente non posso non rispettare profondamente e che non vorrei davvero mai, a costo della vita, porre in ridicolo“.
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