«sta diventando uno sport nazionale essere perplessi su quel testo» scrive Tony Siino nella sua recensione della “Società digitale” di Giuseppe Granieri. Quasi quell’atmosfera di delusione seguita al risultato mancato da poco, quel continuo sentire che il libro interessa, prende, ma lascia un poco delusi alla fine.
Rientravo ieri sera da Firenze dove ero stato per seguire la lettura del quinto canto dell’inferno da Parte di Roberto Benigni (dedicherò a questo un breve post più tardi per evitare di fare uno strano post bicefalo) e mentre guidavo su un’affollata A1 notturna mi è capitato di collegare alcuni post su cui si discuteva negli ultimi giorni. E improvvisamente la società digitale si è legata alla discussione sul futuro del blog, e ad alcune discussioni offline a carattere politico avute negli ultimi tempi.
Il punto comune alle critiche verso il libro di Granieri credo sia quell’eccessivo ottimismo, ma soprattutto il punto teorico che lo giustifica. La separazione netta tra cittadinanza digitale e cittadinanza tradizionale. Nella Società Digitale la separazione è netta e a favore del nuovo e questo porta all’esclusione dal libro di problemi come il cultural e il digital divide. Il network da solo sarebbe capace di risolvere i problemi e chi non lo utilizza è semplicemente destinato ad esser e tagliato fuori.
Samuele parlava negli ultimi giorni di una parte di rete troppo avanti rispetto agli utenti comuni. Mostrava, attraverso una sua indagine empirica su dati Shinystat, come l’uso di tecnologie fosse diverso tra l’utente medio e quello avanzato, come i due ormai si rifacessero ad orizzonti differenti.
Il mio punto fisso rimane la convinzione che cittadinanza digitale e cittadinanza tradizionale debbano non essere viste in contrapposizione tra loro quanto debbano invece sovrapporsi per formare il modello di cittadinanza che da domani potremo considerare comune.
Di fronte a questa necessità quindi il mio interesse ai fini del massimo impegno per l’ingresso in rete di tutti i cittadini e la contemporanea necessità che le interfacce siano user-friendly e il più possibile generalizzabili. La rete è una possibilità che si sviluppa in pieno solamente in quei casi in cui possa espandersi sino ai limiti delle proprie possibilità. Resta altrimenti un’occasione potenziale persa. Da notare in questo caso la conferma tratta dalla constatazione che la rete si esprime al meglio in quei paesi in cui la società civile era tradizionalmente più forte come mostra il caso dei paesi nordici rispetto a quelli mediterranei.
Il problema principale sarebbe quindi una sconnessione del dibattito in rete, delle avanguardie della rete dal discorso sociale più ampio e complesso. Quello di tutti. Credo che si possa ridurre a questa frase l’intera questione che dibattiamo da giorni. La necessità quindi di connettere la rete al resto della società, alle altre reti che si sono create in questi anni, a tutto quello che è il mondo offline. Questo dovrebbe essere l’obiettivo primario da porsi, questo l’unico mezzo per dare sfogo alle potenzialità del network e rendere il pensiero di Granieri realtà. Eppure è l’unica cosa che manca all’interno della pagine del suo ultimo libro.
Il fatto è che, rispetto al passato la rete è aumentata in dimensione, i network avanzati non sono mai stati così potenti ma… Ma davvero siamo così sicuri che la loro forza non sia diminuita in rapporto al numero totale degli utenti di nuova generazione. Se qualcuno parlava di 650.000 blog in Italia oggi, quanti di questi sono attivi, quanti sono utilizzati secondo quei criteri che ormai troppi di noi hanno cominciato a dare per scontato? Quanto davvero la società è come la descriviamo e quanto la stessa rete è come la descriviamo oltre le statistiche dei nostri pochi siti web?
Non troppo temo. E proprio da qui l’esigenza che sento sempre più sentita di creare nuove connessioni con quella parte della rete che viaggia a velocità minore, con quella parte di società che non è connessa.
Da qui l’esigenza di ripensare il modello del blog per renderlo ancora più facile da consultare.
Da qui l’esigenza di costruire un sistema migliore di catalogazione dell’informazione.
Da qui l’esigenza di ripensare le interfacce dato che l’ultima riflessione tecnico teorica degna di nota risale al 1981 con le linee guida per le interfacce studiate da IBM.
Da qui la necessità di un serio impegno multidisciplinare che affronti il tema.
Che lo si volgia o no le decisioni vengono prese nella società reale e non è uno Scalfarotto da solo a fare primavera. Fa notizia, ma non basta a cambiare il paese. Se la società digitale vuole contare e ha i mezzi per farlo smetta allora di isolarsi e scenda nell’arena. che renda la società intera digitale. Altrimenti invece del vecchio e ristretto numero di Geek avremo un nuovo ed enorma numero di utenti iperconnessi tra loro, ma incapaci di comunicare con tutti gli altri.