Data la mia passione relativamente recente per Boris Vian, (che consiglio veramente a tutti, Vian come scrittore, come poeta, come musicista e cantante. Semplicemente geniale e multiforme) traduco un pezzo di una sua arcaica intervista radio risalente alle anni ’50 e che trovo incredibilmente attuale anche oggi.
Riguarda la parola, l’uso della parola e il ruolo della parola in pubblico. La traduco e la presento prima di tutto perché sono esattamente dello stesso avviso e secondariamente perché mi sto chiedendo se la rete, ad esempio, può contribuire ad agire in senso contrario, presentando la parola dei singoli in maniera pubblica con buona regolarità.
Possiamo vederla come scena per “incorniciare” ed esaltare un corretto uso della parola oppure semplicemente come un nuovo luogo in cui continuare a gridare e a urlare come nella vita quotidiana?
Ecco qui la traduzione dell’intervista comunque:
“…Per me la maggiore preoccupazione della mia epoca è quella di denunciare chi mente e chi inganna, le truffe della parola, del verbo potrei dire. Le persone quindi che fanno della demagogia verbale nel senso che troviamo, attualmente, sui giornali, su tutto quanto possiamo leggere, una sorta di inflazione verbale propria del discorso elettorale e di quanto peggiore c’è in esso.
Sono stato sorpreso, tutte le volte che ho presentato un testo in pubblico, di vedere come cose che a me sembravano insignificanti su carta prendono un rilievo incredibile in scena. Ne ho quindi concluso che la scena è un buon modo per incorniciare la parola se volete, nel senso in cui una cornice può esaltare un quadro…”
Questo finché l’uso dell’iperbole, dell’esagerazione non sarà l’unico utilizzo conosciuto.
E’ appunto l’uso che fa il liguaggio ed il senso, come già diceva Wittgenstein, la differenza tra privato e pubblico al momento resiste.
Ma se perdiamo la cognizione del labile confine tra scena e fuoriscena, allora la parola rischia davvero di modificarsi, e di divenire truffa. E cosi facendo non potremo neppure più considerare tale la truffa, ma solo il divenire delle cose.
E io non amo alzare la voce. Non si riuscirà più a sentirmi forse…
Rispetto alla “scena” pubblica, credo che la rete funzioni da filtro (a meno di poche e deprecabili eccezioni) nei confronti dell’abusato vizio di urlare e gridare per affermare la propria opinione. Salvo poi a verificare che ciò può avvenire back-stage, attraverso mail pvt…
In principio era il verbo, non scordiamolo!