Alcune idee interessanti emerse durante i seminari di ieri. Riporto la prima, in caso di improbabile altro tempo libero riportero anche la seconda, un po’ più tecnica, altrimenti domani, chi lo sa…
Si é finiti a parlare di integrazione culturale all’interno di un seminario di antropologia della tecnica, non chiedetemi come. Qua ogni discussione pare poter arrivare dovunque, e per quello ci si diverte.
La domanda lasciata sula tavolo era una sola e chiara. Data l’elevata differenza culturale delle varie componenti la società, ancora più qui in Francia che in Italia, è possibile giungere ad un compromesso valido in tempi brevi senza lasciarsi andare a derive di vario genere? Come sempre l’atmosfera era un po’ tesa, una vena di disillusione nell’aria.
Salta poi fuori un dato che spesso non ci mettiamo a considerare. Questa integrazione in passato è già avvenuta, anche in tempi rapidi, certamente inaspettata. Riprendo l’esempio allora.
Attorno agli anni ’20 più di un terzo della popolazione francese non era di madrelingua francese. L’affermazione potrebbe sembrare strana, eppure se ci mettiamo a contare i 40 milioni di abitanti di allora e consideriamo che Alsazia e Lorena (appena ristrappate alla Germania) contavano 4 milioni di persone con il tedesco come lingua madre, se contiamo i 3 milioni di Bretoni che parlavano la loro splendida lingua celtica, se contiamo i 5 milioni di Occitani che, ovviamente, parlavano occitano, anche senza contare le minoranze straniere propriamente dette, quelle vere come polacchi, italiani, magrebini e via dicendo siamo già ampiamente oltre un terzo degli abitanti del periodo.
Mi pare importante far notare come non si tratti di dialetti, ma di lingue vere e proprie, sviluppate e degne di essere poste sullo stesso piano di ogni altra. Con intere culture annesse.
Ecco, oggi questa diversità si è riunità all’interno di un’unica cultura, quella francese propriamente detta, senza dissidi degni di nota. Grazie a quali processi tutto questo è potuto avvenire?
L’integrazione, si diceva ieri, potrebbe avere tre cause principali:
- La sovrapposizione tra identità individuale e identità nazionale che è venuta a crearsi attorno al’inizio del secolo e non è arrivata a indebolirsi che dopo la seconda guerra mondiale.
- L’industrializzazione e il contemporaneo processo di deruralizzazione avvenuto nella prima metà del secolo (si ricordava che solamente tra il 1947 e il 1965 la percetuale di popolazione rurale è passata dal 50% al 15%)
- La propaganda statale e politica entrata nella vita quotidiana, soprattutto grazie alla televisione
Questi tre processi maggiori, e probabilmente molti altri, sono riusciti in un intento incredibile, quello di ridurre in maniera vistosa delle divergenze culturali vecchie di secoli, rompendo la tradizione di origine monarchica secondo la quale vita quotidiana e vita pubblica potevano benissimo essere gestite in maniera separata. A scuola si parlava francese, fuori si era liberi, agli uffici statali e fuori dalla propria regione si parlava francese, ma i discorsi di ogni giorno si tenevano in bretone, in occitano, in tedesco.
la modifica di questa tendenza e la sovrapposizione tra i due registri ha portato ad una riunificazione tra le differenti parti del paese. Gli italiani, i polacchi, gli ebrei, che erano discriminati solo una trentina di anni fa, oggi spesso (qui lo dico per esperienza personale dato che neppure gli italiani mi riconoscono per strada!!!) non vengono riconosciuti come diversi, i loro tratti non sono più connotati con il carattere dell’estraneità. Il professore si mostrava stupito di questa differenza rispetto alla sua gioventù, in cui gli questi stranieri erano riconoscibili e stigmatizzati e in cui al mar in bretagna si sentiva parlare solo il bretone. Segno del tempo che passa, e corre, ha aggiunto.
Allo stesso modo, oggi che il collante principale di questo processo è venuto meno, ci sono altri strumenti che possono svolgere lo stesso ruolo? Intendo, i forse dieci milioni di immigrati di origine africana, i cinesi, gli indiani, chi volete voi, quali possibilità puo sfruttare per integrarsi davvero all’interno della società?
Oppure oggi, semplicemente, la tendenza è quella alla frammentazione in gruppi definiti secondo i bisogni del caso, lasciando alle spalle ogni comunitarismo vecchio stampo? E anche in questo caso, una frammentazione generale non avrebbe forse per effetto quello di eliminare ogni importanza data alle differenze, non essendoci più nessuno di simile a noi? Domanda ulteriore, possono delle alleanze deboli gestire lo sviluppo comune?
Ecco, un po’ del nostro domani credo passi da questo incrocio a scarsa visibilità…