Ieri pomeriggio, dopo una mattinata tra sole e pioggia, tra mercato e passeggiata lungo il canal Saint Martin, da bravo parigino ho pensato di andare con alcuni amici a vedere il nuovo di Lynch. Inland Empire.
Cosi, alle dicisettetrentacirca, ci troviamo di fronte all’mk2 Quai de Loire, prendiamo i nostri biglietti con tanto di disciplinata fila e ci accingiamo a vedere cosa ci aspetta. Notare l’orario, diciassettetrentacirca. Si, perché il film dura 172 minuti. Due ore e cinquantadue per la cronaca.
Due ore e cinquantadue di Lynch, sempre per la cronaca.
Ecco, ne siamo usciti alle otto e mezza, personalmente con un atroce mal di testa che ho lasciato per strada passeggiando dal cinema a casa, a un chilometro o due di distanza. Questo perché non riesco a sospendere la mia ricerca di senso, anche nei film di lynch che invece lo consiglierebbero, almeno sino a visione terminata. Ma passiamo appunto al film…
Non sono rimasto sopreso per la straniazione, ormai anche le pietre hanno visto qualcosa di Lynch, al massimo sanno che Sting era il cattivo più improbabile che sia mai esistito, in Dune; comunque ne sanno qualcosa. Quindi quando vai a vedere un film di Lynch sei un po’ rassegnato e un po’ masochista, ma no, non ti aspetti nulla di Normale.
Questa volta pero Lynch è andato oltre ogni limite. Nel senso che ha superato qualunque inibizione di stile intendo, la trama non esiste, non si trova, non si recupera, cede il passo a tre, quattro, cinque trame parallele e convergenti, divergenti e collegate. Lo sconvolgimento di ogni certezza, prima di tutto quelle emotive diventa il fine stesso della creazione.
Decostruzione, dissacrazione, ineffabile.
C’é un’immagine digitale sgranata, sfocata, rimessa a fuoco, persa completamente. Ci sono personaggi che cambiano apposta nome, luogo, epoca, senso stesso della loro esistenza, se mai ne avessero avuto uno. Rimane questa immagine, questa polonia, questo est europa lanciato sul baltico, con le proprie tradizioni ancestrali e quella neve. E i buio. E non c’entrerebbe neppure molto con la storia verrebbe da pensare di primo acchito. Rimane la violenza, allo stesso tempo fisica e psicologica, rimane la mancanza di senso, gli uomini coniglio, la storia implosa su se stessa e dentro gli stessi luoghi, che non sanno mai ripetersi, la stessa stanza che come si sente all’inizio non viene mai riconosciuta come tale. Resta una sensazione di rabbia, di sgomento, di non so cosa.
La colonna sonora, splendida davvero, sembra andare in direzione ancora opposta alla già disintegrata trama (viene da chiedersi come andare in direzione opposta al nulla e alla mancanza di direzione), la trama non so, la sto ancora cercando, eravamo in quattro, ne abbiamo elaborate almeno sei miliardi a testa durante le tre ore di proiezione e la discussione successiva, ognuna riduttiva, ognuna oltre il pensiero del regista credo, l’immagine è oscura, sfocata e soggettiva, più oltre ogni logica, la follia quella del regista, dei personaggi e della trama resta li, in sprezzante scherno a tutta la storia del cinema.
Non so tuttavia se sia troppo questa volta, Lynch mi sembra sempre più una sfida a se stessi e alla propria comprensione, sempre meno un qualcosa da godere in maniera pura. Sarà che ho l’idea che l’arte, quella vera, sa farsi capire da tutti, subito e sino al profondo. Temo una caduta nel manierismo.
Quando mi hanno chiesto di andare a vederlo, via sms ho risposto dicendo:
« tre pallosissime e incomprensibili ore di Lynch la domenica pomeriggio? Ci saro! »
C’è, ovviamente, qualcosa che non funziona…
Ma voglio sapere anche di voi, ovvio, so che correrete a vederlo, se già non lo avete fatto…
Eh, purtroppo la cultura (cultura?) e l’intellettualismo cinefilo possono essere raggiunte solamente attraverso grandi sforzi (parrebbe anche fisici!) No, scherzi a parte il mal di testa deriva proprio dal mio voler cercare di comprendere e controllare ogni cosa trovatosi di fronte a chi se ne fa proprio beffe. Gli altri sono sopravvissuti meglio!!!
In quelle stesse ore io invece guardavo in dvd, per la 1° volta, Romanzo Criminale di Placido.
152 minuti intensi, ben spesi.
Alla fine ho provato un gran senso di pesantezza per gli eventi drammatici narrati ma non avrei mai fatto cambio col tuo mal di testa generato invece da un’indigestione di follia.